Indice della storia:
- Intro: I mondi interiori di Walt Disney
- Walt umanista
- Walt narratore
- Walt innovatore
- Walt e i luoghi
- Finale
Intro: I mondi interiori di Walt Disney
Walt Disney, il papà di Topolino, il progettista delle storie animate, l’architetto del Parco dei Sogni per adulti e bambini, è un umanista. Imprenditore, manager, uomo d’affari, sì, Walt ha costruito il suo impero sul valore di una competenza umanistica: ha calibrato il pensiero, la creatività e la narrazione in ibridazione con la volontà di sperimentare, di innovare nel metodo e nella tecnologica. I “mondi interiori” di Disney sono quelli di un umanista, cioè di un professionista del pensiero e delle discipline creative, visionarie.
Alcuni aspetti e alcuni momenti della sua carriera così come della sua personalità lasciano emergere il triplice modello umanistico di Walt: il pensiero (relazioni umane e professionali, formazione, team, processo creativo), la narrazione (legame tra vita personale, luoghi e personaggi dei film), l’innovazione (sperimentazione di nuove tecniche di animazione per i cartoni animati, trasformazione di un brand).
Walt umanista
PENSIERO-VALORE. Walt ha costruito il proprio business e la propria missione su qualcosa di immateriale: sogni, fantasia, emozioni, racconto. Questa è la vocazione degli umanisti: generare valore dall’attività pensante e psicologica.
HUMAN-CENTRED. Walt aveva un fiuto da imprenditore di risorse umane, un caratteristica comune agli umanisti. Come un project manager, mai solo e sempre “a caccia” di talenti con cui costruire progetti di qualità, Walt reclutava persone che lo ispiravano e in cui riconosceva la competenza giusta, che gli garantissero qualità e innovazione: di Ub Iewrks ne fece il suo più valente collaboratore. Il segreto della loro intesa professionale (poi maturata anche sul piano amicale) era l’ambizione. L’umanista è così: punta alla realizzazione del progetto e non è geloso del talento degli altri, anzi consapevole di non avere tutte le competenze richieste per un progetto multidisciplinare, si circonda di partner, collaboratori con un livello “alto e ambizioso” come lui, si assicura che i componenti di una start-up, di una azienda o agenzia, la pensino come lui. Se lui non ha quella competenza specifica per quella parte di progetto, la cerca in chi è specializzato, sul meglio della piazza in quel momento. Ed è entusiasta di raggiungere il traguardo insieme. Un’altra conferma fu quando Walt e il fratello fondarono i Disney Brothers Studios nel 1923 e richiamo a sé nuovi e vecchi collaboratori tra cui lo stesso amico Ub. Walt era un umanista entusiasta di del team building, entusiasta delle altre menti geniali: un umanista investe nelle relazioni umane, nelle competenze e capacità mentali degli altri, investire sempre prima nella persona, nell’umano, poi nel prodotto o nella tecnica.
Nella logica dell’impresa costituta da persone Walt-umanista aveva molto in considerazione i collaboratori, nutriva le relazioni con loro, ci teneva alla loro salute, alle relazioni, nonostante sia ricordato anche per la sua severità e per molti difetti di carattere. Walt concepiva e valorizzava il capitale umano, il suo era l’umanesimo delle competenze.
Da persona a persona, per Walt Disney anche il cliente è sempre stato al centro di ogni progetto. Lui non pensava a soddisfare i critici, ma a far sorridere e sognare il pubblico, a poterlo intrattenere. La costruzione del Parco tematico è la proiezione materiale e su larga scala del bisogni interiori della gente: rivivere favole, sogni, emozioni. Un umanista pone la persona-cliente al centro del progetto e misura percorsi, processi, tecnologie, linguaggio, esperienze, interazione e contenuto affinché tutto sia accessibile, comprensibile, semplificato, desiderato.
FORMAZIONE. Quando Walt chiamò il professore di disegno del Chouinard Art Institute, Don Graham, per dare lezioni al suo team dei Disney Studios si comportò proprio come un project manager umanista che coinvolge le menti più brillanti, che sa quando c’è bisogno di chiedere aiuto e di avere il supporto di un altro esperto. Fare formazione per crescere è fare un salto in avanti, alzare il livello, superare la concorrenza, offrire valore ai clienti. Walt voleva che il suo team avesse strumenti e consapevolezza necessari per seguirlo nelle proprie scommesse, folli e ambiziose, che perseguiva. per raggiungere il meglio, doveva usare solo il meglio.
Walt ha sempre puntato sulla formazione per ottenere il massimo risultato. Consigliava al suo team di tenersi sempre aggiornato, vedere quanti più film possibile, spaziando da vari generi. Una mente umanistica si forma ogni giorno, è multidisciplinare, attinge a qualsiasi cosa gli stia intorno, si costruisce un bagaglio completo, è aperta a stimoli vari per alimentare la capacità ideativa, creativa, narrativa.
Walt promuoveva il lavoro di squadra, la cooperazione, scegliendo le menti più brillanti intorno a sé per costruire nuovi modi di racconto e di emozioni. Un umanista costruisce un team con diverse competenze, guidando il processo creativo con il proprio pensiero e la supervisione. La capacità imprenditoriale di Walt ha dato quell’impronta umanistica all’azienda che, anche dopo la sua morte, continuerà a essere la spinta per sperimentare percorsi e progetti in differenti ambiti, senza mai perdere il cuore dei valori disneyani.
I SOGNI. Walt inseguiva sempre i suoi sogni e non scendeva a compromessi. Un umanista è così: si fida delle sue visioni e intuizioni, non ascolta le voci del mondo quando propinano di adattarsi, di camminare a testa bassa, di scegliere vie “più comode e comuni a tutti”. Per questo spesso un umanista non è compreso, è fuori dai tempi, anticipa o prefigura, e soffre quando la società e il mondo del lavoro non sono pronti per comprendere, accogliere o realizzare quanto intuisce. Le visioni di un umanista sono evoluzioni del mercato, delle tecnologie, dei modelli di vita e di comunicazione, trasformazioni di esperienze di consumo, nuovi bisogni. Per Walt Disney erano i film.
L’AMBIZIONE. “Sfondare l’olimpo dei disegnatori e produttori cinematografici”. Walt era un umanista ambizioso e non si accontenta (per riprendere il discorso di prima), mira al top (ad esempio, quando si prefigge di creare il lungometraggio animato), non si ferma a ogni singolo successo, vuole espandere il marchio, vuole migliorare e superare i limiti di ogni singolo progetto, vuole superare il numero e la forza del team. Un animo umanista non si ferma mai, testa, rielabora, riscrive, rilancia, e cerca di superare le aspettative pensando già alla prossima tappa, è veloce, alza l’asticella, ha una potente mente imprenditoriale, abbonda in motivazioni e pensa in grande.
LA SINERGIA. Topolino nacque da un lungo brainstorming: un umanista crede che è l’incontro condiviso a dar spazio alle idee, tutte, da cui poi si affina quella vincente. Il dialogo creativo lo vive con il proprio team, non è un lupo solitario. Se fu Walt a dare l’anima, il copro e la voce a Topolino, la forma fu a opera di Ub Iewrks: questa è la naturale divisione delle competenze quando si lavora in un team di multi-competenze. L’umanista predispone soprattutto il contenuto immateriale, il pensiero, l’idea, il contenuto (di vario tipo), i tecnici invece lavorano alla parte strutturale, fisica o digitale, meccanica, tecnologica.
Ancora: nel 1931 Chaplin rompe il cinema con il suo film muto Luci sulla città e vuole che ogni suo film fosse affiancato da un cartone animato di Topolino. Eccola, di nuovo, nella carriera di Walt Disney, la sinergia tra gli umanisti, l’intesa tra le menti creativi, la reciprocità di sapersi apprezzare, il riconoscimento del talento e il la volontà di cercare e di fare rete, promozione reciproca. Per un prodotto di qualità ci vuole solo un altro prodotto di qualità allineato sul medesimo messaggio e valore narrativo.
L’IMPRENDITORIALITÀ. La svolta di Walt avvenne negli anni Trenta quando decise di smettere gli abiti da fumettista e vestire il ruolo di imprenditore. Nella carriera di un umanista questo salto dalla professione all’impresa è frequente e forse attesa: si passa a una visione imprenditoriale della professione, si costruisce un business sulle proprie idee. La cultura, il pensiero, la creatività, le idee non sono filantropia, passione, diletto, hobby, ma hanno potenziale di mercato, un valore monetario, e possono essere alla base di un impero economico, possono produrre, essere parte del PIL (mi riferisco al patrimonio museale, storico e artistico, al turismo nei luoghi, all’entertainment per la cultura e il turismo, ai videogiochi ecc.).
Walt scelse ancora una volta il meglio quando si avvalse degli Imagineers, un équipe di ingegneri e architetti della sua azienda delocalizzati a guida di una una divisione interna, la piccola società secondaria WED Enterprise. Walt imprenditore già prefigurava un’azienda multisettoriale in cui riunire le eccellenze americane e internazionali per dar vita, insieme, a un progetto più grande: il Parco di Disneyland. La visione grande è tipica dell’umanista, dopo aver raggiunto un obiettivo alto se ne fissa uno ancora più alto e ri-organizza processi, risorse e competenze per raggiungerla.
Walt narratore
PERSONAL BRANDING. I primi biglietti da visita ritraggono W in versione caricatura, tra fogli di disegni volanti e una pettinatura sconvolta. Questo visual concept era voluto e pensare, perché già sapeva fare personal branding, era già capace di raccontarsi, di farsi percepire e riconoscere come desiderava: un animatore e uno scrittore di storie.
LA VITA. Chi racconta è destinato a essere ispirato in primis dalle proprie esperienze di vita. Le difficoltà del periodo adolescenziale a Kansas City furono uno degli stimoli più forti nella vita di Walt per promettere a sé stesso e al pubblico di vivere solo storie di felicità, di spensieratezza, mai nessuno avrebbe dovuto soffrire così tanto come soffrì lui. La Fabbrica dei Sogni di Disney mirava a questo. La sensibilità di uno storyteller nasce dalle proprie esperienze di vita, soprattutto le emozioni più forti (in particolare i dolori e le ferite).
Il primo lungometraggio degli Studios Disney, Biancaneve e i sette nani, è ispirato da due fattori: il film originale Biancaneve di cui Walt custodiva un caro ricordo in infanzia, e la neve, elemento metaforico della malinconia per i luoghi di infanzia e balsamo sulle ferite dei momenti difficili, “coperta naturale” di calore per elaborare nuovi sogni.
PERCEZIONE DEI LUOGHI. Come un narratore di storie dei luoghi, anche Walt “subiva” cognitivamente ed emotivamente ciò che un luogo poteva rappresentava per lui. Affinò questa sensibilità che gli servì da ispirazione per le sue storie animate. La fredda, grigia, grande e inospitale Kansas City lo segnò così tanto che la sua città ideale interiore (poi modello per il vero Parco del divertimento) sarebbe dovuta essere l’esatto opposto: un regno di gioco, di spensieratezza, di libertà, di sogno, proprio come l’alter ego dei giorni dell’infanzia vissuti a Maceline.
Infatti, i luoghi dell’infanzia felice e spensierata di Marceline ritornare nella della Main Street di Disneyland come romantica riproduzione della strada principale della sua città natale. Disney proietta la sua vita interiore, le emozioni suscitate dalla memoria dei suoi luoghi e le ricostruisce nei suo grande progetto per offrire le stesse emozioni “colorate e comode” a bambini e adulti. Walt voleva evitare la sofferenza almeno agli altri, la sua forse non fu ma in grado di elaborarla ma almeno ne fece oggetto di esorcismo e ispirazione
Anche l’esperienza di volontariato in Francia per la Croce Rossa ispirò il lavoro e la fantasia di Walt. Le geografia della la Vecchia Europa, i monumenti e la Storia di quei luoghi lo caricarono di stimoli per le sue storie. Un narratore viaggia molto, esplora le grandi narrazioni culturali, storiche, artistiche, si muove, attinge dalle esperienze del passato. I viaggi e luoghi di cultura sono proiezione dei viaggi mentali, di chi è capace di esplorare sé stesso e la vita con il pensiero.
Il luoghi simbolo per il racconto della vita e dei sogni di Walt resterà il castello. Per il proprio impero visionario e concreto, Disney scelse il simbolo di un’architettura specifica, che ricorre in tutti i parchi tematici ed è ispirato alla favola di Biancaneve.
LEGGERE. Da buon narratore anche il forziere di Walt cominciò a riempiersi di letture importanti. Quando tornò a Chicago nel 1917, ottenne il primo lavoro da fumettista nel “The Voice”, un giornalino del liceo. Questa esperienza lo spinse ad appassionarsi ai big della letteratura inglese (Twain, Dickens, Stevenson). Un narratore infatti legge moltissimo, legge di tutto ma soprattutto i grandi nomi della letteratura del proprio paese perché custodiscono la genetica della narrativa locale e sono fonte di ispirazione di grandi temi già trattati che però influiscono sulla produzione di nuove storie o di nuove tecniche di scrittura.
ASCOLTARE. Quando Walt realizzò tre filmati animati da un minuto e li vendette alla Newman Theater Company, vinse due volte: la durata breve e il trattamento di noti problemi locali. Dimostrò di saper ascoltare le persone e intuire cosa il pubblico voleva, qualcosa di nuovo. Uno storyteller affina il proprio udito per captare il cuore delle persone, percepisce gusti e tendenze, ricerche e abitudini, e si impegna a fabbricare storie su misura. Probabilmente anche le storie già note ma con una sensibilità diversa, nuova, più attenta alle esperienze e ai linguaggi di quella determinata generazione.
LA TRADIZIONE. I primi cortometraggi di Walt e dei suoi collaboratori erano ispirati a favole narrate nelle antiche tradizioni popolari e ai racconti evergreen per bambini, riadattati al contesto americano, spesso in modo satirico. Uno storyteller attinge al bagaglio dei miti locali, della tradizione popolari, della favolistica, perché sono narrazioni comprovate e accettate dalla comunità, custodiscono radici identitarie e valori riconosciuti. Sono quelle storie che piacciono sempre, quelle che hanno cresciuto e plasmato le generazioni, e che si riprendono per ricordare il passato e trasmettere i valori alle generazioni future. Saper riadattare queste storie alla sensibilità del momento è un segno di maturità e di intelligenza, perché ogni storia antica va riconfigurata secondo i bisogni del tempo, della società, delle aspettative, degli obiettivi contemporanei.
PAURA E AMORE. i due sentimenti più potenti nella storia dell’umanità hanno spinto Walt a scrivere le narrazioni più riuscite. Ancora una volta, come un bravo narratore, è ispirato ai grandi temi etici, e Walt in particolare regala al suo pubblico una onesta e concreta visione della vita, perché lui in primis ha sperimentato amore e paura. La sua penna è intrisa di questa esperienza e gli permette di comprendere cosa si prova e cosa poter allinearsi ai cuore della gente: la paura di perdere tutto, di tornare ai tempi duri del Missouri, di fare un lavoro che non gli piace, l’amore per la moglie, per i suoi personaggi, per i propri sogni.
TOPOLINO. Walt si identifica pienamente nella sua più grande creazione: Topolino. Opera e creatore, un rapporto profondo, umano, vero. Topolino era Walt Disney e Walt Disney continuò a vivere in Topolino, più che prodotto un personaggio umanizzato che incarna il pensiero dell’azienda e le emozioni di Walt. Alla morte del suo papà, la creatura addirittura piange per edizione a lutto della rivista Epoca, a testa bassa al pavimento. Scomparso l’uomo, la sua eredità-memoria è nella storia più importante.
Non si limitò solo al protagonista, al character principale, ma da buon narratore gli affianca il perfetto antagonista, Gambadilegno, nemesi sia nel carattere che nelle forme, e un intero universo di altri personaggi (Pluto, Minnie, Pippo, Paperino ecc.) che ci ricorda le saghe cinematografiche dei supereroi.
Il successo di Topolino stava nella capacità da permettere al pubblico di identificare con la propria vita quotidiana. W lo aveva studiato affinché potesse parlare e piacere proprio a tutti, per regalare messaggi di valore e sentimenti universali. Questo progetto narrativo è potente e centra l’obiettivo. Il carattere di Topolino (una narrazione human-centred), le emozioni, l’indole, i difetti: tutto si avvicina a un normale essere umano. La costruzione del personaggio riesce proprio quando si ottiene una piena identificazione. Topolino è un uomo qualunque, che affronta la vita, il lavoro con gioia. Somiglia proprio al suo autore, perché viene ritratto come un personaggio bucolico, un ragazzo di provincia, che però si rivolge a tutti. Parla di collaborazione, di riuscire nelle sfide della vita unendo le forze con i suoi amici (Topolino risolve le sue avventure sempre insieme a qualcuno della sua cerchia ristretta). Topolino coinvolge grandi e piccoli: tutto il pubblico. Mi ricorda il fenomeno di Harry Potter, quella stessa capacità di fare sognare e di offrire mondi magici dove tutto è possibile. Il successo è anche nelle struttura di un’ottima storia: breve, autoconclusiva, leggera, vera, sincera.
UN PRODOTTO RACCONTATO. Qual è il prodotto dell’azienda Disney, se volessimo tirare le somme? La felicità. Cioè, un’azienda che non vende prodotti materiali, metodologie, formazione, servizi, strumenti, no, vende qualcosa di profondo e intangibile, la felicità. Come la narrazione aziendale può aiutare i brand a far voce alle storie interne ed esterne che rimarchino i valori delle persone, anche le strategie di storytelling per raccontare le storie dei luoghi innescano un processo emotivo che lega le persone alle memoria storica del passato. Permettere alle persone di tutte le età di sognare e vedere realizzati i propri sogni in carne e ossa, chi ci riuscirebbe oggi? E in che modo? Il marchio Disney è il marchio di un narratore di emozioni.
Walt innovatore
LA REALTÀ AUMENTATA. La visione narrante di Walt si palesò con la passione per i treni. Una delle sue prime vere esperienze lavorative fu come venditore di treni per la Missouri Pacific Railroad. Amava guardava il paesaggio fuori dal finestrino, il movimento dei luoghi entro la cornice, sintomo di chi allena la fantasia, sogna a occhi aperti e preludio a quello che sarà la pellicola cinematografica che scorre come treno restituendo l’effetto magico delle figure in movimento. È anche come una realtà “aumentata”, come il layout di un device o di un visore che inquadra oggetti in movimento all’esterno che stimolano un terzo livello di informazioni e di interazione nell’utente (il primo è quello interno del dispositivo, il secondo è quello esterno, il terzo è la combinazione fra i due).
VIDEO BREVI. I tre film realizzati per la NTC erano brevi, duravano circa un minuto. Walt anticipò il formato ottimale per i video che oggi viene richiesto soprattutto nel marketing e nella comunicazione sui social network, ma, per restare in tema cinematografico, pensiamo anche ai trailer, ai corti, ai mini-racconti.
IBRIDAZIONE. Il cortometraggio Alice’s Wonderland fu realizzato con la tecnica innovativa del live action che prevedeva il coinvolgimento di attori reali. Fu una innovazione pura, anche se ancora ambiziosa: il suo obiettivo era unire in una formula vincente la persona (intesa in senso umanistico) e il disegno (la tecnologia). In questo senso Walt è come un umanista digitale che incarna l’idea di un prodotto ibrido. Walt iniziò a sperimentare nuovi modi di fare animazione quando si rese conto che le tecniche usate dall’azienda Kansas City Film AD Company erano troppo semplici e banali. L’innovatore è così: se non reputa che la tecnologia davanti ai suoi occhi soddisfi i suoi scopi, guarda oltre e sperimentare altro.
INNOVAZIONE TECNOLOGICA. Anche per i film L’aereo impazzito e Topolino gaucho, Walt intuì che mancava qualcosa: il sonoro. Lo capì studiando un prodotto uscito l’anno prima, The Jazz Singer, il primo film con sonoro. Studiando i competitor, Walt intuisce cosa e come innovare. Con Steamboat Willie, cartone animato di Topolino con sonoro, ci riesce! Intuisce che le immagini non bastano, occorre una seconda “sensorialità”. La percezione dei suoni così come quella dei profumi è più potente del visivo. Anche se la sua innovazione aveva preso spunto da un prodotto già esistente, la differenza fu nell’analisi dei risultati: il cartone animato sincronizzato con il sonoro riscosse attenzione e successo, oltre che risate. Fu un chiaro feedback del suo obiettivo: suscitare emozioni, risate, gioia, spensieratezza.
Con Sillie Symphonies del 1929, Walt sperimentò il top della narrazione cinematografica. Nuovi processi, nuove tecniche, nuovi personaggi e nuove storie per perfezionare l’animazione. Era il momento del Technicolor, rendere più realistiche le animazioni con effetti speciali e dramma nell’animazione. Quella tecnologia permetteva di usare tutto lo spettro cromatico trasformando l’immagine in un mondo a colori.
Un altro processo innovativo fu la colonna sonora di Fantasia (Topolino con le musiche di Bach, Beethoven e Caijkowski) usando un processo multicanale e riprodotta in fantasound, un sistema innovativo di suono che lo rese il primo film commerciale in stereofonia.
Nel 1934 Walt riprese la vecchia pellicola Biancaneve con Marguerite Clark, lo esaminò insieme ai suoi collaboratori e decise di farne una versione “disneyana”. Quella “storia” lo aveva segnato nell’infanzia, e lui decide studiarla con il team ed elaborarne una propria versione. Questo faceva di lui un innovatore di modelli già esistenti di cui riconosce il valore, ne rispetta la grandezza, ma al tempo ne costruisce una visione moderna adatta per i propri obiettivi.
L’Innovazione massima fu il progetto EPCOT, la Città prototipo, una città utopica del futuro per celebrare l’essere umano e la tecnologia dell’innovazione e della cultura internazionale, nata dall’ispirazione dei progressi di quel tempo senza mai fermarsi e continuando a sperimentare tecniche, materiali, metodi. Quello di Walt era proprio umanesimo digitale. Anche per questo si impegnò a raccogliere scienziati esperti e di valore che lo potessero aiutare a creare questo nuovo mondo, come una sorta di arca di Noè di umanisti digitali per migliorare la qualità della vita e della salute.
La Disney poi acquista Pixar, la compagnia di Steve Jobs, pioniera della produzione di cortometraggi e di film con tecniche computerizzate avanzate. Anche alla morte di Walt, il “modello Disney” continuò a inglobare il meglio dell’innovazione. Nel 2004 l’ultimo film con la tradizionale tecnica di animazione sarà Mucche alla Riscossa, poi Disney abbandonerà questa tecnologia, perché costosa e di impatto difficile. Il team Disney ebbe la sensibilità di comprendere che bisognava innovarsi, ancora una volta, puntare ai nuovi strumenti, ottimizzare il budget e migliorare l’impatto sul pubblico.
IL MULTIVERSO. Il 5 maggio 1930 Topolino diventa anche personaggio dei fumetti. L’universo Disney inizia a costruire il proprio multiverso con una strategia di narrazione crossmediale transmediale che declinerà in altre e nuove storie su diversi formati.
IMMAGINAZIONE E REALTÀ. Ricostruire un’immaginazione in modo minuzioso e reale. Non è quello che oggi viviamo con con il digitale, la realtà virtuale e le narrazioni miste? L’ambizione di Walt aveva anticipato questi traguardi. Ecco perché non bisogna avere paura delle nuove tecnologie e delle sperimentazioni virtuali o miste. Walt già era su questa linea con la narrazione cinematografica, costruendo addirittura un parco vero. Oggi l’opportunità è nella tecnologia virtuale che ci permette di costruire qualcosa di fantastico e di immaginario.
FAN-LOVER. Il primato di Walt innovatore è diventare il primo imprenditore di prodotti entertainment per famiglia e per i suoi ammiratori. I suoi utenti sono quelli che possiamo definire il prototipo dei fan-lover dei grandi brand come Apple, ammiratori che diventano motore promozionale del prodotto e della marca. “Generatore di esperienze memorabili”: l’impatto dei Parchi Disney è così forte sulle persone che ormai sono loro i principali promotori del business.
Walt e i luoghi
Come umanista e narratore, Walt ha proiettato la propria vita nelle proprie narrazioni, in particolare attingendo alla propria infanzia, segnata da momenti di spensieratezza nella campagna a Marceline (quella nostalgia ha ispirato i parchi tematici) e da momenti di sacrifico durante il trasferimento a Kansas City. il ricordo della fattoria, dei prati, degli animali, gli odori e i profumi della terra, i giochi con la sorella Ruth e con il figlio del vicino, il torrente fresco d’estate e gelato per pattinare in inverno sono stati luoghi ispirazionali per le sue storie. La grigia e inospitale Kansas City (legata anche ai duri anni della consegna di giornali con i piedi congelati nella neve) infatti nutrirono in lui la nostalgia per la felicità della campagna e della natura, al punto da desideri fortemente di ricreare quell’universo emotivo nei suoi progetti per il pubblico.
Come un bravo storyteller, la prima fonte di storie è stata la propria vita, filtrata dalla percezione di un luogo di cui non riprende i tratti esterni ma il ricordo emotivo che le legava, al punto da ricreare quel luogo nei suoi parchi tematici. Questo è un forte esempio di quanto le emozioni ci leghino fortemente alle esperienze nei luoghi e rafforzano la nostra memoria dei luoghi.
A Marceline Walt si lascia ispirare da tre forti universi narrativi: il circo (che significa abilità, spettacolarizzazione, meraviglia), il teatro (sceneggiatura, trama, emozioni) e il treno (viaggio interiore, dinamismo, direzione, fantasia, avventura).
Considerazioni finali
Walt Disney ispira molto il mio lavoro e lo ricorderò sempre come una costellazione:
- non vendeva prodotti, neanche valori, ma esperienze se non addirittura emozioni
- il suo risultato finale non era il film o il giro sulla giostra, ma l’emozione di essere felice e di sognare
- per ottenere il massimo promuoveva la cooperazione e le sinergie professionali, l’alleanza creativa
- fondò un’azienda con la strategia di marketing e storytelling transmediale
- si lasciò ispirato dai propri ricordi, dai propri luoghi e dalle proprie esperienze
- portò la fantasia nel reale: non è ciò che stanno facendo oggi le nuove tecnologie digitali?
Fonte di riferimento: Belfiore, B. F., Beltrami P. Walt Disney. L’uomo che trasformò la fantasia in realtà, Ledizioni Ledi Publishing, Milano 2018
foto in copertina by Travis Gergen on Unsplash
C’è qualche aspetto di Walt che ti ha colpito, e perché? La sua biografia come può ispirare i professionisti del mondo della cultura e dei musei?