Indice dell’articolo:

  1. Un porto è arrivo o partenza?
  2. Un porto è fuga o produttività?
  3. Un porto è scambio o mescolanza?

Un porto è arrivo o partenza?

Il porto è arrivo.
Arrivo
significa novità, incontri, accoglienza di culture, idee, storie di uomini e di territori. Nel ciclo del continuo via vai di persone, l’arrivo è anche sorpresa – e insieme rischio – di esperienze, investimenti, progetti, alleanze, collaborazioni, rivalità, sfide e contese. In un porto l’arrivo è di qualunque e chiunque, ma questo dipende dalla città che decide di accogliere o negare l’ingresso, includere o limitare. Arrivo è ricevere/subire influenze di pensiero, di comportamenti, di forme e di linee, di sapori e di odori, di parole e di oggetti.

Il porto è partenza.
Partenza significa progetti e investimenti, altrove. Anche la partenza prevede rischio, fallimento, non ritorno, pericolo e perfino morte. Si può sapere dove andare e cosa cercare, oppure lasciarsi ispirare senza un piano, senza una rotta, senza una strategia. La partenza può essere ispirata dal fato, dal mito, dalla Storia, da una storia, dal sentimento, dalle persone, dalle ambizioni, da una mappa, da dolori o da gioie che motivano la scelta. Partenza è anche responsabilità di portare sé stessi in luoghi lontani e vicini, e diffondere la memoria storica cittadina, la tradizione, la cultura locale, continuare la specie. Partenza è arrivederci o addio, è clandestinità o prima classe, è bagaglio a mano o tasche vuote.

Un porto è fuga o produttività?

Un porto è fuga.
Fuga. Il porto può essere la porta verso una salvezza, quando la città non offre crescita e vita, quando è abitata da mostri e lacrime. Fuga può essere anche l’illusione di una fortuna lontana, per la paura o per la debolezza di non riuscire ad affrontare la realtà quotidiana: un biglietto e via, lontano da tutti e da tutti. Fuga è promessa o bugia di tornare quando le cose andranno meglio. Fuga è bisogno di evasione o di realizzazione in posti più meritevoli: in questo caso la città farà i conti con la perdita di storie, di cervelli e di anime lasciate sole e senza speranza.

Un porto è produttività.
Produttività. Nel porto si fa moneta, si vende e si compra, si diffonde impresa e idea. Produttività è il ritorno economico del proprio prodotto destinato ad altre mani. Produttività è domanda che soddisfa l’offerta ed è offerta che suscita interesse e domanda, in termini di container, stive, merci, cantieri, imballaggi. Produttività è crescita della città e la conquista del mercato economico. Produttività è possibilità di trasformare l’energia del porto in bellezza, decoro, salute, benessere, servizi, negozi, ristorazione, ricezione, trasporti, abitazioni.

Un porto è reciprocità o mescolanza?

Un porto è reciprocità.
Reciprocità. Dal porto può nascere un rapporto di tipo orizzontale. Chi viene dona qualcosa a chi abita, e chi abita dona qualcosa a chi arriva. La reciprocità avviene nella dimensione culturale, religiosa, artistica, artigianale, linguistico-dialettale, comportamentale e psicologica, abitudinaria, estetica. Reciprocità è crescita, condivisione, rispetto, ascolto, sensibilizzazione e sensibilità, umiltà e riconoscimento del valore dell’altro.

Un porto è mescolanza.
Mescolanza. Saltano le barriere, le lingue si intrecciano, le abitudini cambiano, le tradizioni si rompono, le umanità si innestano e si ibridano. Mescolanza è la città che diventa essa stessa porto del mondo, perdendo identità locale o trasformandola in una forma nuova che non è né quello né quell’altro. Mescolanza è sincretismo, fusione, puzzle e mosaico di tutto e di tutti, è confondersi tra le civiltà, è mappamondo in ogni vicolo e in ogni quartiere.


Prova a utilizzare questi spunti narrativi nelle tue visite guidate o nel tuo progetto di comunicazione culturale. Raccontami qual è il tuo porto preferito, come lo vivi e suggeriscimi altre emozioni.