Cosa ti racconterò in questo articolo?

  1. Sfida, divertimento, felicità: il trekking è gamification!
  2. Dammi un motivo e ti dirò che player sei
  3. Perché e come può esserti utile in un progetto culturale

Sfida, divertimento, felicità: il trekking è gamification!

Estate 2020, occasione per scoprire i luoghi naturali, sgranchire le gambe dopo i tre mesi del lockdown e mettersi in gioco. La scorsa settimana ho percorso un sentiero naturalistico di media difficoltà, dalla piazzetta di Nerano giù alla Baia di Ieranto. Ti scrivo qualche dato: 6 chilometri di percorrenza, 4 ore tra discesa e risalita, dislivello 250 metri slm. Stancante? Sì, soprattutto con l’afa di fine luglio.

Eppure a fine giornata ero pieno di energie e desideroso di intraprendere un prossimo sentiero con un livello di maggiore difficoltà. Perché?

Non è la mia prima passeggiata trekking, e forse mi sto abituando? Probabile.
Forse l’allenamento muscolare in palestra mi sostiene? Anche.
Ma si tratta di qualcosa di più profondo, di psicologico.

Sai quel senso di sfida, misto a divertimento adrenalinico che ti fa esultare: stanco ma felice? Ci ho riflettuto: mi ha suggerito un confronto con le logiche e le dinamiche della gamification. Sì, credo che il trekking sia un ottimo esempio di mix tra diversi livelli di engagement e di achiviement.

percorso_trekking_baia_ieranto

Dammi un motivo e ti dirò che player sei

Il mio profilo di trekker-player è a metà tra utente explorer e achivier, rifacendomi allo schema Massively multiplayer online games di Richard Bartle, professore e ricercatore esperto di game. Mi ha spinto la motivazione, o in gergo tecnico ‘leva’, a esplorare la Costiera Amalfitana per il gusto di scoprire storie, panorami sentieri, e al tempo stesso a completare il percorso fino al traguardo, tornare a casa e dire: “Io ce l’ho fatta!”.

Quali possono essere altre leve motivazionali alla base di un trekking gamificato?

  • superare le vertigini del vuoto e completare il percorso nonostante il caldo, la fatica e la tentazione di tornare indietro (richiama per alcuni versi il livello hard fun di divertimento di cui parla Nicole Lazzaro, “vincere nonostante gli impedimenti”);
  • la sorpresa di un luogo nuovo (una ricompensa interiore enorme!);
  • l’arricchimento culturale e territoriale (io ho colto l’occasione per studiare un luogo e inserirlo in un possibile progetto di itinerario narrato);
  • condividere l’esperienza con amici o conoscere nuove persone (il cd. player socializer a cui interessa “guadagnare” relazioni);
  • la gioia di essere dentro al gioco e di partecipare all’esperienza, al di là del risultato (che implica un livello di divertimento easy fun);
  • la ricompensa finale: le acque azzurre della Baia Ieranto (credimi, vale la pena davvero questa sfda!);
  • il valore e l’azione terapeutica dell’esperienza che fa bene al rapporto con i propri limiti personali e alla capacità di accettare le sfide (Lazzaro lo definisce il livello altered state fun che cambia le persone “dentro”);
  • il senso epico di rivivere le emozioni delle storie di questo luogo (andare alla scoperta delle Sirene, onorare un suolo sacro agli dèi dell’antichità, ripercorrere la Campania Felix come i narratori ai tempi del Grand Tour).

baia_ieranto_costiera_amalfitana

Perché e come può essere utile in un progetto culturale

Se dovrai progettare un itinerario narrato con modalità trekking, e vorrai offrire un livello più alto di interazione luogo-persona, puoi giocare la carta della gamification applicata ai luoghi culturali. Studia in anticipo le emozioni e l’interesse che muoverebbero i tuoi partecipanti, cosa potrebbe spingerli a partecipare o cosa li frena, struttura la narrazione a livelli, con impulsi, premi e ricompense per aiutarli a raggiungere il traguardo. Cerca il genius loci di Nerano e di Ieranto, innamorati di una storia forte, raccontala e rendila una sfida divertente.

Questa esperienza attiverò, in te stesso e nel visitatore, ben tre tipi di cervelli:

  • l’homo narrans che racconta di sé, che racconta i luoghi, che racconta le esperienze vissute in prima persona;
  • l’homo ludens (di cui parla lo storico Johan Huizinga) che impara giocando e ne trae divertimento;
  • l’homo empathicus (se hai amato la TV serie Sense8 saprai a cosa mi riferisco) che si connette ai personaggi che prima di lui hanno camminato, vissuto e scritto di questi luoghi, con le emozioni.

E tu, lettore viandante, che genere di player vuoi essere o vuoi far incarnare al tuo pubblico?