La mostra Gladiatori e la sua appendice Proiezioni connettono, come un portale dimensionale, le sale del Museo Archeologico di Napoli, sede dell’allestimento dei reperti, con l’Anfiteatro Flavio di Pozzuoli, il luogo vero del racconto dei giochi e dei combattimenti dell’antica Roma. A Neapolis non si accettò mai una simile forma di intrattenimento perché la città aveva una forte tradizione greca più incline al teatro e alla musica; la brutalità e la lotta corpo a corpo, insanguinata, truce e sudata, apparteneva alla cultura romana. E Roma, nelle regioni meridionali, era Puteoli, nei Campi Flegrei, dove gli stessi cittadini contribuirono al pagamento della realizzazione di un nuovo Anfiteatro per spettacoli tra gladiatori o fiere.

Gli allestimenti per ridare voce al locus

Stendardi pendenti dalla grata di areazione dell’arena riportano fronte/retro citazioni di storici e cronisti del periodo dell’antica Roma che raccontano i ludi gladiatorii. Sono elementi scenografici che in qualche modo attivano una prima vocalità narrativa all’anima del luogo, innescano una comunicazione “delle pietre” con i visitatori, aiutandoli a immaginare ciò che le citazioni descrivono. La parola attiva l’immagine che riempie il vuoto del locus. Si concentra però solo su questo tratto pedonale e non viene distribuito anche negli altri ambienti, si rischia così di esaurire il tempo di efficacia; inoltre la scelta di appenderli alla grata costringe a una fruizione con la testa reclinata in alto e non ad altezza degli occhi, sono troppo vicini tra loro. Se si fossero trasformati in audio da attivare con un touch su un video o un desk o tramite un’app dedicata, dislocandoli in maniera più uniforme all’interno e all’esterno dell’Anfiteatro?

Nei sotterranei dell’Anfiteatro sono stati installati dei totem a grandezza quasi naturale, che proiettano video riproduzioni digitali di attori reali in costume con le diverse tipologie di gladiatore (suddivisi per nomen, armatura, tipo di combattimento e tipo di rivale a cui essere abbinato). I totem sono allestiti nei fornici, privi tuttavia di una componente audio (musica o voce narrante). Le figure degli attori-gladiatori oscillano, in silenzio, simulando la tensione dell’attesa prima di salire in arena e combattere.

Nei fornici dell’ambulacro esterno, invece sono state allestite alcune sculture sopravvissute ai forni delle calcaree e ritrovate in situ, rare testimonianze del complesso apparato decorativo dell’Anfiteatro. Queste statue, che alloggiavano però sul registro superiore, erano omaggio all’imperatore, ai membri della sua famiglia, alle divinità. Anche loro, se pur mute e troppo distanti rispetto allo spazio visivo del visitatore, rappresentano il recupero di elemento visuale, che restituisce la dimensione umana a questo spazio troppo vuoto e freddo, di sole pietre e marmi.   

Io mi auguro e spero che questo allestimento resti anche al termine della mostra. È un primo possibile tentativo di ricostruzione della memoria storica nell’Anfiteatro, troppo vuoto e silenzioso da decenni. Questo monumento è un locus bisognoso di essere raccontato e vissuto con la memoria delle voci dei personaggi (dispersi tra i frammenti e le fonti storiche), dei rumori (ingranaggi, passi, carrucole), delle grida (di uomini, donne, belve, scommesse, emozioni), dei gesti di azione (duelli, giochi, armi, ferite, cadute).
Suono e narrazione sono necessari per dar voce alla gloria del circo che gli antichi Puteolani costruirono con “propria pecunia”.


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