Maurizio Costanzo è stato più che il padron del talk show italiano giornalistico.
Ha lanciato un format: sedersi, ascoltare, analizzare, lanciare una riflessione. Somigliava a una sequenza “terapeutica”, durante la quale la partecipazione si allargava a una coralità di “pazienti”.
Le sue serate erano finestre narrative sulle storie degli italiani, famosi e non, raccontate in prima persona e poi rielaborate attraverso le sue indagini e le sue domande di approfondimento.
Ecco, del “Maurizio Costanzo Show” mi piace ricordare questa eredità: ascoltare e domandare. Il primo verbo è necessario a far partire il racconto, il secondo a farlo continuare.
Il ricordo di Maurizio Costanzo è particolarmente importante per me, perché in passato, con un caro amico e compagno di scuola, spesso ci incontravamo dopo cena per vivere il nostro “maurizio costanzo show”. Era il momento per discutere di argomenti importanti delle nostre vite, di crisi esistenziali e di crescita, di amori e di ragazze, di decisioni delicate. Era un appuntamento che avevamo costruito proprio sul modello televisivo di Maurizio nazionale.
E, sono sincero, mi manca.