La Flagellazione del Caravaggio vola in Francia: troppo rumor e polemica
Si è detto e scritto molto sul prestito momentaneo della Flagellazione del Caravaggio, dalla pinacoteca del Museo di Capodimonte di Napoli al Louvre di Parigi.
Da storico dell’arte e da napoletano figlio di quei vicoli vissuti anche dal pittore Michelangelo Merisi, aggiungo solo tre riflessioni:
- quando un’opera d’arte viene sdradicata dal proprio luogo originario, perde la propria funzione. Dunque, è potenzialmente soggetta a qualsiasi altra riutilizzazione in termini di nuova vita (sicurezza e valorizzazione sottintesi): la prima è contribuire allo scambio e all’arricchimento culturale del mondo intero;
- non esistono opere identitarie di un museo, esistono opere identitarie di un luogo, di una città, di una comunità. Il fenomeno delle opere-feticcio ha generato più danni che pubblicità;
- il vero patrimonio che i turisti dovrebbero conoscere è la città e la memoria storica dei luoghi. Il museo non deve essere “la destinazione”, ma una tappa (importante) di un percorso più completo che lo connette al territorio. L’arte di Caravaggio è nelle chiese, nei vicoli, sui volti della gente.
Caravaggio a Parigi: atto finale
Ho perso la possibilità di visitare la mostra “Gli Spagnoli a Napoli. Il Rinascimento meridionale” al Museo di Capodimonte, ma quella domenica 25 giugno ho guadagnato un ticket “Musei Campioni” in tiratura limitata (in occasione della vittoria dello scudetto di campionato da parte del SSC Napoli) e le chiavi di lettura per chiudere la riflessione sulla saga “Caravaggio a Parigi“.
Te le spiego:
il pannello è chiaro: non si tratta di un prestito, bensì di un ben più ampio programma di promozione della cultura artistica napoletana a Parigi, di cui la tela della Flagellazione del Caravaggio è tra gli “ospiti e i rappresentanti speciali” dell’evento (tradotto: pubblicità internazionale per Napoli);
c’è il digitale (accettiamolo una buona volta, perché fa bene e non male, se ne sappiamo leggere i vantaggi): in mancanza della tela originale che ci fa sicuramente battere il cuore, possiamo zoomare una riproduzione in full HD e scoprire affascinanti dettagli che sarebbe cosa impossibile sull’opera dal vivo. Come si dice: “l’attesa è essa stessa fonte del piacere”, così come la distanza e la mancanza aumentano il desiderio del ricongiungimento;
i nostri “campioni” in panchina (cioè, le altre tele della collezione museale a Capodimonte) sono pittori di serie A. C’è Luca Giordano, per dirne uno: anche le sue tele ci regalano una prospettiva potente, già la avverti da 10 sale prima, che brilla come un lingotto senza nessun artificio illuminotecnico.
Diciamolo, dai: a Napoli siamo stati campioni di innovazione, coraggio e dinamismo, come recita la citazione di A. Lugli (L’educazione estetica, 1978), riprodotta sulla parete della sala vuota che ospita la tela del Caravaggio:
Per un organismo [il museo] che contiene il passato, ma si confronta continuamente con il presente, credo che veramente la più grossa contraddizione sia la pretesa di rimanere immobile.